Con la progressiva emergenza del COVID 19, le imprese, gli enti e le strutture socio sanitarie, si trovano a prendere decisioni e iniziative importanti, in tempi ristretti, trovandosi a trattare un’ingente quantità di dati sullo stato di salute dei dipendenti e collaboratori.

In questo contesto, cosa deve fare il datore di lavoro e quali misure deve porre in essere, per non violare la normativa in materia di trattamento dei dati personali?

Le norme in materia di protezione dei dati (come il Regolamento generale sulla protezione dei dati) non ostacolano l’adozione di misure per il contrasto della pandemia di coronavirus. La lotta contro le malattie trasmissibili è un importante obiettivo condiviso da tutte le nazioni e, pertanto, dovrebbe essere sostenuta nel miglior modo possibile. Occorre tenere conto di una serie di considerazioni per garantire la liceità del trattamento di dati personali e, in ogni caso, si deve ricordare che qualsiasi misura adottata in questo contesto deve rispettare i principi generali del diritto e non può essere irrevocabile.

L’emergenza è una condizione giuridica che può legittimare limitazioni delle libertà, a condizione che tali limitazioni siano proporzionate e confinate al periodo di emergenza.

Sotto il profilo privacy, la temperatura corporea del lavoratore rappresenta un dato personale relativo alla sua salute, e di conseguenza la sua rilevazione è un’operazione di trattamento che, come tale, richiede lo svolgimento di specifici adempimenti. Vediamo insieme come.

Domande e risposte:

Nel controllare la temperatura dei dipendenti o collaboratori, come posso garantire la riservatezza?

E’ necessario che l’azienda metta in atto un percorso interno ad hoc, per misurare la temperatura. L’azienda deve disporre di una procedura interna e predisporre delle misure specifiche in caso di positività, in accordo con il medico del lavoro.

La persona che misura la temperatura, deve essere autorizzata dal titolare?

Si, bisogna individure i soggetti preposti alla misurazione della temperatura e fornire loro delle istruzioni.

I dipendenti devono essere informati circa il trattamento dei dati?

Si, è necessario informare i dipendenti ai sensi dell’art. 13 del GDPR. L’informativa potrà essere fornita anche oralmente o eventualmente posta all’ingresso dei locali in cui viene rilevata la temperatura.

Qual è la finalità e la base giuridica del trattamento posto in essere nel contesto emergenziale dovuto al Covid-19?

Con riferimento alla finalità del trattamento potrà essere indicata la prevenzione dal contagio da COVID-19. Come base giuridica può essere indicata l’implementazione dei protocolli di sicurezza anti-contagio ai sensi dell’art. art. 1, n. 7, lett. d) del DPCM 11 marzo 2020.

Le strutture sanitarie attuano un monitoraggio clinico degli operatori sanitari con rilevazione della temperatura corporea prima dell’inizio del turno di lavoro, e il rilievo del rialzo dellatemperatura oltre i 37,3 °C comporta l’effettuazione del tampone naso-faringeo per ricerca di SARS-CoV-2 e l’allontanamento dal luogo dilavoro con sospensione dell’attività lavorativa (Ordinanza n. 514 del 21/03/2020 Regione Lombardia)

Per quanto tempo conservo i dati?

La temperatura dovrà essere registrata solo in caso di superamento della soglia dei 37,5°. L’eventuale conservazione dei dati si farà riferimento fino al termine dello stato d’emergenza. Ricordiamo che è opportuno raccogliere solo i dati necessari, adeguati e pertinenti rispetto alla prevenzione del contagio da COVID-19.

Se il dipendente presenta sintomi durante il corso dell’attività lavorativa, chi contatto?

Se il dipendente presenta sintomi da contagio Covid 19 è tenuto a dichiararlo immediatamente al datore di lavoro o all’ufficio del personale. Questi procederà:

  • con l’isolamento momentaneo in base alle disposizione dell’autorità sanitaria;
  • contatterà immediatamente i servizi sanitari competenti ed attenersi alle indicazioni fornite dagli operatori sanitari.

In questo caso deve essere garantita la riservatezza delle informazioni relative al possibile contagio da Coronavirus

Posso comunicare o diffondere il nominativo del dipendente risultato positivo?

No. I dati sullo stato di salute non possono essere diffusi. La Protezione civile o le autorità sanitarie provvederanno a contattare singolarmente i soggetti a rischio entrati in contatto con il lavoratore risultato positivo al fine di adottare gli opportuni provvedimenti. L’azienda deve definire le misure di sicurezza e organizzative adeguate a proteggere i dati.

Posso richiedere al dipendente la compilazione di un questionario in cui chiedo la non provenienza dalle zone a rischio epidemiologico e l’assenza di contatti, negli ultimi 14 giorni, con soggetti risultati positivi al COVID-19?

Il datore di lavoro può richiedere la compilazione di questionari sulla provenienza da zone a rischio epidemiologico, ricordando che deve astenersi dal richiedere informazioni ulteriori circa le persone o in merito alle specificità dei luoghi. Ricordiamo di raccogliere solo i dati necessari, adeguati e pertinenti rispetto alla prevenzione del contagio da COVID-19.

L’azienda dovrà informare preventivamente il personale, e chi intende fare ingresso in azienda, della preclusione dell’accesso a chi, negli ultimi 14 giorni, abbia avuto contatti con soggetti risultati positivi al COVID-19 o provenga da zone a rischio. Si farà riferimento in questo caso al Decreto Legge n. 6 del 23/02/2020, art. 1, lett. h) e i).

 

Lo Studio Patrizia Meo resta a disposizione per rispondere ai vostri quesiti

 

Questo articolo fa parte della rubrica “Appunti privacy durante l’emergenza Covid19”
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