Sanzione di 16 mila euro al medico che ha utilizzato circa 3.500 indirizzi di ex pazienti per inviare lettere a sostegno di un candidato alle elezioni politiche regionali del 4 marzo 2018, senza che gli interessati avessero espresso alcun specifico consenso a riguardo. L’Autorità Garante Privacy aveva avviato un’istruttoria a seguito di alcuni articoli di stampa che segnalavano la vicenda. Il medico si è difeso affermando di aver scritto ai suoi ex pazienti, che aveva avuto in cura presso un importante Istituto oncologico, per informarli della sua nuova sede di lavoro, avendo cessato il suo rapporto professionale presso l’Istituto. Con l’occasione, aveva contestualmente espresso il suo sostegno a un candidato alle elezioni, già assessore alla Sanità e al Welfare, e aveva ritenuto di rispettare le norme consentendo ai destinatari di opporsi alla ricezione dei messaggi, mediante un link posto in calce alla mail.

Il Garante ha giudicato un tale trattamento di dati personali illecito per diversi profili.

In primo luogo, il medico non ha reso l’informativa né al momento della registrazione dei dati dei pazienti né alla prima comunicazione, come previsto dal Codice privacy. Questo adempimento è infatti obbligatorio in quanto i dati, nel caso di specie, non risultano raccolti dal medico direttamente presso gli interessati, ma ricevuti dall’Istituto oncologico all’atto della cessazione del rapporto di lavoro. Inoltre, il medico ha utilizzato i dati dei suoi ex pazienti per finalità diverse da quelle di cura, per le quali erano stati raccolti, senza aver acquisito uno specifico e autonomo consenso.

…… Nel caso di specie, risulta accertato che la parte ha acquisito xxx la mailing list contenente i nominativi e gli indirizzi e-mail dei propri pazienti, al momento della cessazione del proprio rapporto di lavoro; tuttavia, non risulta provato né documentato in atti che sia stata resa l’informativa agli interessati, al momento dell’acquisizione da parte del dott. XX dei suddetti dati, così come previsto dall’art. 13, comma 4, del Codice. Per quanto riguarda, invece, la violazione di cui all’art. 162, comma 2-bis, del Codice, si rappresenta che la condotta illecita contestata alla parte si riferisce all’utilizzo dei dati personali per finalità differenti da quelli di cura (che avevano giustificato l’originario trattamento), senza che gli interessati avessero espresso il proprio specifico e autonomo consenso. Infatti, la missiva oggetto dell’istruttoria, non si limitava a rendere noto ai pazienti gli spostamenti del professionista, ma indicava chiaramente il sostegno a un candidato nell’ambito delle consultazioni elettorali che si sarebbero svolte di lì a poco in Lombardia. Aspetto senz’altro censurabile sotto il profilo della protezione dei dati personali, posto che si tratta di una finalità perseguita dal dott. XX senza che gli interessati avessero espresso alcuna manifestazione di consenso al riguardo; ….

Come chiarito dal Garante nel Provvedimento generale in materia di propaganda elettorale del 6 marzo 2014, “i dati personali raccolti nell’ambito dell’attività di tutela della salute da parte di esercenti la professione sanitaria e di organismi sanitari, non sono utilizzabili per fini di propaganda elettorale e connessa comunicazione politica. Tale finalità non è infatti riconducibile agli scopi legittimi per i quali i dati sono stati raccolti“.

Nonostante la sanzione sia stata comminata in base al vecchio Codice, i principi che la ispirano restano validi anche in base al nuovo Regolamento Ue, come di recente precisato nel provvedimento dell’Autorità del 7 marzo 2019.

(Fonte Garante Privacy)

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(In corso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale)